"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

21 marzo 2017

Uno dei monaci allontanati dalla chiesa caldea passa alla chiesa anglicana del Canada

By Baghdadhope*

Tra il 2014 ed il 2015 il patriarcato caldeo  si trovò ad affrontare il problema di alcuni sacerdoti e monaci che negli anni precedenti alla nomina di Mar Louis Raphael I Sako a patriarca (gennaio 2013) avevano lasciato le proprie diocesi o il loro monastero senza permesso dei propri superiori per fuggire all'estero. Nell'ottobre 2014 un decreto patriarcale sospese dalla vita ecclesiastica quei sacerdoti ed i  monaci che, malgrado i reiterati inviti, avevano rifiutato di far ritorno in patria.
Tra essi il monaco Ayub Shawqat Adoor, appartenente all'Ordine Antoniano di Sant'Ormisda dei Caldei (O.A.O.C) che, ordinato nel 2008 nel 2014 era partito per il Canada per presenziare al matrimonio di sua sorella e non aveva mai più fatto ritorno al suo monastero in Iraq.
Una volta sospeso il monaco era rimasto a vivere in Canada, paese al quale aveva chiesto asilo politico, ed aveva iniziato ad attirare nella propria orbita i fedeli caldei attraverso un sito dedicato alla "Chiesa Caldea della Vergine Maria di Vancouver" in opposizione alla chiesa caldea ufficiale. A nulla erano serviti i tentativi di mediazione da parte di alcuni vescovi tanto che il patriarcato fu costretto a ricordare pubblicamente ai suoi fedeli la sospensione del monaco.
La situazione adesso sembra essersi però sbloccata con il passaggio ufficiale del monaco alla chiesa anglicana. Passaggio che sarà ufficializzato il 26 marzo nella chiesa dell'Epifania nella cittadina di Surrey, nel distretto di Vancouver e che il sito patriarcale caldeo non ha mancato di annunciare.  
Padre Ayub Shawqat Adoor non è però l'unico tra i sacerdoti ed i monaci allontanati dalla chiesa caldea ad aver scelto di continuare la propria vita sacerdotale al di fuori di essa.
L'ex monaco dello stesso ordine di Padre Ayub, Noel Gorgis, definitivamente espulso dalla chiesa caldea per decisione del sinodo riunitosi nel settembre 2016 continua a fregiarsi del titolo di sacerdote caldeo, a celebrare la messa con rito caldeo nella chiesa luterana di St. John nella cittadina di El Cajon in California, ed a ribadire la propria fedeltà al vescovo emerito della diocesi di San Pietro, Mar Sarhad Jammo, che ha cercato fino alla fine di proteggere i sacerdoti ed i monaci che il Patriarca Sako voleva tornassero alle diocesi ed al monastero da cui erano fuggiti e che lui aveva accolto in California. E' infatti dal sito internet che fa capo a Noel Gorgis che si apprende della partecipazione dello stesso ad una riunione su solo inviti svoltasi il 16 marzo scorso per dimostrare "apprezzamento e gratitudine" per il servizio pastorale di Mar Jammo. Riunione alla quale era presente un altro dei sacerdoti caldei espulsi, Peter Lawrence, ma era assente Mons. Shleimun Warduni, amministratore patriarcale della diocesi dal maggio 2016.  
Se qualche giorno fa il Patriarca Sako in un appello diffuso da Fides sottolineava le difficoltà di una chiesa piagata dal fenomeno migratorio che sta disperdendo l'originale comunità caldea ai quattro angoli del mondo, e dalla scarsità di vocazioni sacerdotali che rende impossibile la cura pastorale di ogni nuova comunità c'è da riflettere sull'ulteriore rischio che vivono le comunità in diaspora di dividersi tra la fedeltà alla chiesa ufficiale e quella ai suoi ex sacerdoti e monaci che possono ulteriormente frammentarle e di conseguenza indebolirle. Certo il patriarcato può vantare il successo di due monaci e quattro sacerdoti rientrati in tempi diversi in patria ma, forse, se dal suo inizio la questione dei "chierici fuggiti" fosse stata affrontata con maggiore severità nei loro confronti anche dalla Santa Sede cui il patriarcato si era appellato queste divisioni potenzialmente pericolose magari inciderebbero di meno sulla sorte di una chiesa che ha ben altre priorità da affrontare in patria.